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In questo romanzo autobiografico, composto da capitoli che potrebbero esser letti come racconti a sé stanti, l’autore rievoca la propria infanzia, ma con uno sguardo universale su questa delicata fase della vita: «Ahimé, quando l’occhio è perfetto e vede bene anche al di là delle apparenze, la fanciullezza è sparita, l’esperienza è matura, e il mondo intorno ha perduto quella sua ineffabile poesia» (p. II). Luciano, il protagonista, frequenta una scuola primaria privata e poi la prima ginnasio in cui «il maestro ha titolo di professore», sebbene egli stesso, veneto, così ironizzi: «professor xe chiunque professa una profession, ah?» (p. 143). Nel capitolo intitolato Il primo banco emerge una descrizione ironicamente realistica dei metodi didattici e, anche, della struttura fisica della scuola di fine Ottocento in cui il giudizio è piuttosto tranchant: «L’aula è brutta: i banchi sono brutti, di legno dolce bianco istoriato dalle scritte di centinaia di predecessori» (p. 146).