© Massimo Campigli, by SIAE 2022
Sei giovani figure femminili, ordinate a gruppi di due, dalle più piccole alle più grandi, vestite con eleganti grembiuli, sembrano incedere verso lo spettatore in un ambiente descritto da una prospettiva invertita. Grandi campiture di colore rappresentano verosimilmente un’area verde, una strada, un edificio appena accennato e una porzione di cielo. Sulla sinistra del quadro, una delle educande tiene per mano un cerchio, un indizio che suggerisce allo spettatore che si tratta di un momento ricreativo all’aperto. Sulla destra giganteggia un’austera figura con abito nero, la severa educatrice, che tiene per mano la bambina più piccola in prima fila. I rapporti proporzionali tra le figure non vengono intenzionalmente rispettati dall’artista, che in questo modo evidenzia la relazione gerarchica tra insegnante ed educande. L’intera scena sembra fissata in una dimensione arcaica e atemporale. Ogni elemento è geometrizzato. Nelle Educande l’essenzialità della scena riconduce agli stilemi dell’arte minoica ed etrusca, che Campigli studia e assimila nella sua poetica, mostrando una vera e propria passione archeologica per l’antico, reinterpretato in chiave moderna.
Fonti bibliografiche:
F. Gualdoni (a cura di), Massimo Campigli, 1895-1971: essere altrove, essere altrimenti, catalogo della mostra (Milano, Museo della Permanente, 26 ottobre 2001 - 27 gennaio 2002), Skira, Milano, 2001.