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Ambientato a Ferrara, il romanzo narra in prima persona, attraverso lunghi flashback, delle vicende della famiglia di origine ebraica Finzi-Contini tra gli anni Trenta e la Seconda guerra mondiale. Al centro della narrazione sta l’aristocratica dimora familiare dall’ampio giardino, teatro di lunghe partite a tennis, grazie a un campo privato in cui il protagonista della storia, una volta invitato a entrare, inizia a nutrire del sentimento per Micòl, che invece non sembra ricambiare con la stessa intensità. La scuola è al centro della formazione di questi giovani: il protagonista, ad esempio, è rimandato in matematica e per la frustrazione viene invitato a scavalcare per la prima volta la recinzione della casa dei Finzi-Contini, ma, colto in flagrante dal domestico, è costretto ad allontanarsi. Tutto il resto accade fuori da quel giardino, anche se il fuori è tutto e la sua negazione: sterminio, odio razziale, violenza. Intanto i giovani crescono e si formano all’università, e la partenza per Venezia di Micòl per proseguire gli studi determina il definitivo allontanamento dei due. Il romanzo termina con il ricordo struggente del protagonista davanti a quella villa ormai abbandonata: come in un cerchio, si torna al prologo, quando già eravamo stati avvertiti della deportazione in Germania nel ‘43 di Micòl e dei suoi familiari.